SPECIALE AGRISOLARE: filiere green grazie ai nuovi incentivi – parte 2

Con la pubblicazione del bando Parco Agrisolare, nel 2022, le aziende agricole italiane entrano nel programma di aiuti previsto dal PNRR passando per l’ingresso principale, quello per l’accesso ai contributi a fondo perduto. Dunque, conosciamo più da vicino questa particolare tecnologia, nata per favorire lo sviluppo sostenibile nel settore della produzione agricola ed estremamente apprezzata nella nostra penisola.

Agrisolare: cos’è e perché conviene

Con i termini agrivoltaico, agrisolare e agrovoltaico, tra loro indifferentemente utilizzati, definiamo un modello innovativo di duplice produzione, agro-fotovoltaico.

Un terreno può essere coltivato, ma anche utilizzato per produrre energia per sopperire al fabbisogno energetico dell’attività agricola, tramite l’installazione di pannelli fotovoltaici su strutture sovrastanti l’appezzamento di terra coltivato, ad un’altezza adeguata.

Il sistema agrivoltaico, per estensione, include anche la posa di pannelli solari sulla copertura di capannoni, stalle e fabbricati strumentali all’attività di produzione agricola.

Perché investire in questo modello di produzione sostenibile? Perché le istituzioni puntano su questo progetto tanto da destinarvi preziose risorse economiche? Scopriamolo insieme.

Agrisolare: perchè conviene

I vantaggi per l’ambiente e per l’economia di un’azienda agricola che adotta un sistema di produzione agro-sostenibile sono davvero notevoli, ma quelli derivanti dall’agrivoltaico sono sorprendenti.

  1. Nel tempo, laddove vengono piazzati pannelli fotovoltaici, si preserva la destinazione d’uso del terreno, evitando di sacrificarlo all’edificazione;
  2. L’effetto ombra generato dalle coperture in pannelli fotovoltaici, riduce lo “stress” idrico del 20 al 40%. Risparmiare acqua vuol dire alleggerire l’impronta ecologica dell’impresa, cosa particolarmente importante si tratta di impresa energivora.
  3. Le piante coltivate possono crescere sostenute e protette da fenomeni atmosferici quali precipitazioni di forte intensità, grandine, neve, venti e tutto quanto può distruggere un raccolto, evitando ingenti danni economici.

 

Agrivoltaico: storia della rivoluzione energetica agricola

Sin dagli anni ’80, epoca precedente il boom degli incentivi in conto energia ed ancora fase conoscitiva dal punto di vista dell’utilizzo domestico degli impianti fotovoltaici, i ricercatori più lungimiranti erano allo studio su come sfruttare appieno le potenzialità del solare.

“Patate sotto i pannelli”, non fu solo il titolo della prima pubblicazione scientifica sul tema, ma un vero e proprio slogan che identificò in quegli anni gli sforzi compiuti per promuovere quella che ora è universalmente riconosciuta come una tecnologia affermata.

Senza saperlo, infatti, stava già nascendo il concetto di condivisione dell’energia.

In quel periodo, costruire un impianto fotovoltaico era estremamente costoso, per cui gli esperimenti richiesero anni per generare risultati tangibili e solo nel 2007, si registrarono la presenza e la crescita, lenta ma, costante, di impianti agrivoltaici in Europa.

Negli ultimi dieci anni, dal Giappone all’Italia, passando per gli Stati Uniti,  il numero degli impianti agrisolari è cresciuto. Nel 2020, ben 2,8 gigawatt era il valore della capacità installata.

Dietro questi numeri, si nascondeva il forte impulso delle istituzioni.

Fatti due conti sulla superficie esistente in grado di ospitare impianti fotovoltaici, i ricercatori si sono dedicati alla ricerca di soluzioni di spazio per produrre energia da fonte rinnovabile al posto di quella da fonte fossile.

Al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati nella lotta al cambiamento climatico, non resta che studiare come produrre energia pulita, utilizzando al meglio quanto già a nostra disposizione: la preziosa quanto “stressata” terra coltivata.

Agrisolare: l’Italia pioniera e promotrice

L’Italia può definirsi una pioniera dell’agrivoltaico.

Questa soluzione è, infatti, presente da oltre 20 anni nel nostro paese, dalla Puglia al Veneto, basti pensare che, nel 2012, dei 5 megawatt di agrivoltaico registrati in Europa, 4 erano Made in Italy.

Oggi, grazie al Bando Parco Agrisolare, fortemente voluto nell’ambito delle misure predisposte dal PNRR, sono in arrivo generosi incentivi; l’agrivoltaico, finanziato attraverso contributi a fondo perduto, potrà finalmente essere sviluppato con maggiore intensità.

A disposizione degli imprenditori interessati, ci sono già piattaforme dedicate sul tema come la Rete per l’Agrivoltaico Sostenibile.

https://www.enea.it/it/Stampa/news/energia-enea-lancia-la-prima-rete-nazionale-per-agrivoltaico-sostenibile

In conclusione, finalmente l’autonomia energetica è anche alla portata delle aziende agricole.

 

Impianti agrivoltaici: quali sono

La classificazione degli impianti agrivoltaici include l’utilizzo di differenti superfici:

o   Sistemi elevati rispetto al terreno sottostante da permettere coltivazioni alimentari, tramite mezzi industriali ed allevamento;

o   Serre fotovoltaiche;

o   Impianti fotovoltaici galleggianti;

o   Sistemi adatti a coltivazioni agricole basse e pascolo animale.

L’agrivoltaico si propone di ottimizzare le prestazioni di tutto il sistema, sia quello della produzione alimentare, sia quello della produzione di energia, senza che una pesi sull’altra.

A questo punto, un agricoltore potrebbe domandarsi se questo è davvero possibile. E, se è possibile, per quali tipologie di colture.

 

Se c’è il monitoraggio è agrivoltaico

Per essere definito tale, l’agrivoltaico deve necessariamente prevedere un apparato di monitoraggio, per verificare alcuni parametri essenziali:

  • l’effetto dell’installazione fotovoltaica sulle colture;
  • il risparmio idrico;
  • la produttività agricola;
  • le lavorazioni dell’azienda;
  • la tutela della fertilità del terreno;
  • la resilienza ai cambiamenti climatici.

La presenza di un adeguato sistema di controllo dei parametri relativi al microclima, alla fertilità e alla qualità dell’aria circostante garantisce il rispetto dell’ambiente.

Agrivoltaico: quali coltivazioni non sono adatte

Da escludere, in quanto necessaria luce piena e costante, ricordiamo il frumento, il farro, il mais, gli alberi da frutto e il girasole.

Da valutare, inoltre, alcune tipologie di colture che potrebbero subire un calo di produzione, come cavolfiore, barbabietola da zucchero, barbabietola rossa.

Le colture che sposano appieno questa innovativa metodologia, garantendo produzioni agricole floride anche in presenza di ombreggiamenti, sono le seguenti: segale, orzo, avena, cavolo verde, colza, piselli, asparago, carota, ravanello, porro, sedano, finocchio, tabacco, cipolle, fagioli, cetrioli e zucchine.

Altre coltivazioni prosperano se irradiate da una luce meno diretta, come patate, luppolo, spinaci, insalata, fave.

Agrisolare: un sistema alleato per il benessere del terreno

Il terreno resta utilizzabile sia per la semina, sia per le coltivazioni più complesse, come la produzione vinicola.

Tutto contribuisce a favorire il processo contrario alla decarbonizzazione del terreno: la rigenerazione.

 

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